
I grandi eventi non possono non avere ricadute sullo stato emotivo e psicologico. Così la pandemia ha portato a isolamento, solitudine, demotivazione, paura e stress, tanto per dirne qualcuna.
Il perdurare dello stato di fatto ha fatto emergere anche la “pandemic fatigue”, cioè la tendenza ad “abituarsi” alle situazioni, sottovalutare i rischi e dunque prendere meno precauzioni. Una situazione che secondo l’OMS è una naturale reazione a una pandemia che dura da molto e di cui non si riesce a vedere la fine.
È uno stato diverso dall’essere negazionisti, è una risposta persino naturale dell’essere umano il fatto di abituarsi al mutare delle situazioni e ci ha permesso di sopravvivere. In questo caso tuttavia non è molto salutare, tanto che persino l’OMS, su richiesta degli stati membri dell’Unione europea, ha presentato nuove linee guida per rinnovare l’attenzione della popolazione al rispetto delle norme di sicurezza anti-Covid.
Il dottor Hans Henri Kluge, direttore regionale dell’OMS per l’Europa, afferma che in questa fase della crisi è prevedibile la “stanchezza pandemica”, stimata in alcuni casi oltre il 60%.
“Da quando il virus è arrivato in Europa”, dice, “i cittadini hanno fatto enormi sacrifici per contenere il Covid-19. Ha esaurito tutti noi, indipendentemente da dove viviamo o da cosa facciamo. In tali circostanze è facile e naturale sentirsi apatici e demotivati, provare la stanchezza”.
All’interno del documento dell’OMS, oltre all’invito rivolto alla popolazione a mantenere alta l’attenzione, vi sono anche alcuni consigli diretti ai governi: sforzarsi di comprendere di più i cittadini, per evitare di generare rabbia e frustrazione; rispettare il bisogno di chiarezza; adottare misure semplici ma incisive, che permettano di vivere in sicurezza la propria vita.