
Ciò che normalmente chiamiamo “vitamina D” è in realtà un gruppo di molecole liposolubili a struttura steroidea, tra cui le più importanti sono la D2 (ergocalciferolo) e la D3 (colecalciferolo)
Sono normalmente assunte con la dieta, anche se purtroppo solo pochi alimenti ne contengono buone quantità (tra cui funghi, olio di fegato di merluzzo, pesci grassi come sgombro, aringa e salmone, il fegato degli animali, burro, formaggi grassi, tuorlo d’uovo), ma l’80% viene prodotto a livello cutaneo in seguito all’esposizione ai raggi UV-B.
Normalmente la vitamina D viene associata al corretto sviluppo ed alla salute dello scheletro: nei bambini è essenziale per la calcificazione delle ossa, negli adulti presiede al metabolismo del calcio nelle ossa, prevenendo l’osteopenia e l’osteoporosi.
Il fabbisogno quotidiano e la quantità di assunzione raccomandata di vitamina D sono illustrati dalle tabelle LARN (https://sinu.it/tabelle-larn-2014/) per mantenere i valori di riferimento compresi tra 30 e 100 ng / ml mentre l’insufficienza e la carenza di vitamina D corrispondono rispettivamente a livelli <30 ng / ml e <20 ng / ml
La carenza di vitamina D è asintomatica, pertanto quando sopraggiungono i sintomi, il rischio è quello di trovarsi già di fronte ad un deficit importante, caratterizzato da:
- Dolore e fragilità ossea
- Dolore articolare
- Dolore muscolare e debolezza
- Stanchezza
- Irritabilità, ansia, depressione
- Disturbi del sonno
Risulta utile, dunque, eseguire in prevenzione il dosaggio plasmatico del 25-OH-D (25-idrossicalciferolo o calcidiolo, la forma in cui la vitamina D circola a livello ematico) per capire se è necessario un cambiamento dello stile di vita o una integrazione. Infatti il deficit di vitamina D può essere dipendere da un insufficiente apporto alimentare, un aumentato fabbisogno, un’alterazione dell’assorbimento a livello intestinale o una inadeguata esposizione ai raggi solari , da alcune patologie o dall’assunzione di alcuni farmaci.
È stato stimato che il deficit di vitamina D è molto comune sia nei paesi industrializzati (circa il 40% della popolazione), nei paesi dell’Est (fino all’80%) ed anche in Africa.
Ma la vitamina D non è solo collegata al raggiungimento e mantenimento di un’adeguata massa ossea: partecipa infatti alla conservazione della salute in modo molto più ampio: è fondamentale per una corretta attivazione delle difese immunitarie, con diminuzione delle infezioni, modula il microbiota intestinale, la sua carenza risulta associata a disturbi cardiovascolari, disfunzioni metaboliche e cancro (effetti non calcemici della vitamina D).
La vitamina D legandosi al suo recettore (VDR), regola un numero considerevole di geni; si ritiene che circa il 3% del genoma umano risponda direttamente o indirettamente alla vitamina D. Inoltre, il VDR appare distribuito ampiamente nei nostri tessuti.
La vitamina D ha effetto anti-proliferativo, differenziante e pro-apoptotico su cellule tumorali, partecipa alla diminuzione delle specie reattive dell’ossigeno,alla regolazione del sistema renina-angiotensina-aldosterone. Ha effetto di immunomodulatore per diminuzione dell’ambiente pro-infiammatorio, per controllo dell’attivazione immunitaria e per potenziamento della difesa anti-infettiva (Christakos S et al. Vitamin D: metabolism, molecular mechanism of action, and pleiotropic effects. Physiol. Rev. 2016;96:365–408)
In caso di carenza di Vitamina D si possono assumere integratori alimentari sotto consiglio medico, sia per la salute delle ossa che per dare il giusto sostegno al sistema immunitario.