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PRIMA DOPO O LONTANO DAI PASTI?

da | Giu 16, 2020

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Ogni volta che si assume un farmaco a stomaco pieno, i farmaci e gli alimenti vengono a contatto diretto. Le interazioni cibo-farmaci, oltre ad essere molteplici, possono essere anche molto complesse ma, fortunatamente, nella maggior parte dei casi, non sono tali da compromettere l’efficacia della terapia o da rappresentare un pericolo.

Nei casi in cui vi possono essere delle interferenze, il farmaco deve essere assunto ”a stomaco vuoto”, intendendo con questa espressione un’ora prima o due ore dopo l’assunzione del cibo.

Le informazioni per una corretta assunzione dei farmaci in relazione ai pasti dovrebbero essere riportate nei foglietti illustrativi all’interno delle confezioni dei medicinali. In caso di dubbio ci si può rivolgere al medico o al farmacista che sapranno indicare in quali casi sia importante prestare attenzione a questo aspetto, in quali altri lo sia meno o non lo sia affatto.

Come interagiscono con i farmaci e gli alimenti?

— I liquidi accelerano il passaggio attraverso lo stomaco e quindi riducono l’intervallo di tempo fra l’assunzione del farmaco e la comparsa dei suoi effetti.

— I cibi solidi rallentano lo svuotamento gastrico e diminuiscono la velocità (e a volta anche la quota) di assorbimento di alcuni farmaci. Il fenomeno è più accentuato con cibi molto caldi, viscosi e ricchi di grassi. Un assorbimento rallentato non incide necessariamente sull’entità dell’effetto terapeutico: infatti, prima o poi il farmaco verrà assorbito e quindi la quantità totale che arriverà negli organi bersaglio sarà la stessa. La velocità di assorbimento diventa però importante quando è richiesta una tempestiva attenuazione dei sintomi come ad esempio quando si assume un analgesico per un dolore acuto (es. paracetamolo). In generale assumere un farmaco a stomaco vuoto consente una più rapida comparsa dell’effetto atteso. Nel caso degli antiinfiammatori non steroidei tuttavia (es. ibuprofene, diclofenac, naproxene), è preferibile assumerli a stomaco pieno per ridurre la ben nota gastrolesività, ma occorre sapere che questo va a scapito della rapidità d’azione. Un compromesso accettabile potrebbe essere quello di assumere la prima dose a stomaco vuoto con molta acqua e le successive a stomaco pieno.

— In alcuni casi il consiglio di assumere determinati farmaci lontano dai pasti non dipende da una interazione diretta con gli alimenti ma dal fatto che questi farmaci possono essere particolarmente sensibili all’acidità gastrica e, se il transito attraverso lo stomaco è rallentato per la presenza del cibo, questa inattivazione riduce notevolmente la quantità di farmaco disponibile per svolgere l’azione terapeutica. Rientrano in questo caso ad esempio alcuni antibiotici (della famiglia dei macrolidi e delle penicilline).

— Un altro motivo per cui il cibo a volte non va d’accordo con certi farmaci è la possibilità che alcune sostanze presenti negli alimenti si leghino ai farmaci impedendone l’assorbimento. E’ quello che accade ad esempio con alcune tetracicline (antibiotici) che vengono intrappolate (o più correttamente ”chelate”) dal calcio presente soprattutto nel latte e nei latticini (ma anche dal ferro, dall’alluminio e dal magnesio) e non sono più disponibili per essere assorbite e la loro concentrazione nel sangue può essere ridotta di oltre il 50%. Lo stesso accade ad un altro gruppo di antibatterici detti chinoloni (es. ciprofloxacina) il cui assorbimento viene ostacolato dalla presenza di ferro negli alimenti (ma anche da quello presente negli integratori minerali). Questo rischio viene scongiurato se vengono assunti lontano dai pasti.

— Esistono per contro dei casi in cui, per svariati motivi, è meglio assumere i farmaci a stomaco pieno, ad esempio quei farmaci il cui assorbimento viene favorito dalla presenza di cibo nello stomaco [es. nitrofurantoina (farmaco per le infezioni urinarie), griseofulvina (un antifungino), spironolattone (un diuretico)] o quando si desidera attenuare l’effetto irritante dei farmaci sulla mucosa gastrica (ad. esempio i già citati antiinfiammatori non steroidei o il ferro).

Alcuni altri esempi

— Della numerosa famiglia dei cosiddetti ACE-inibitori, farmaci oggi molto utilizzati nell’insufficienza cardiaca e per abbassare la pressione, solo il capostipite, il captopril, deve essere assunto a stomaco vuoto. Quando si assumono questi farmaci tuttavia non si devono condire gli alimenti con i sostituti del sale che sono a base di potassio, per il rischio che questa sostanza raggiunga nel sangue concentrazioni pericolose.

— I pazienti che sono in trattamento con anticoagulanti orali devono prestare attenzione a non introdurre quantità elevate di alimenti particolarmente ricchi in vitamina K, perché questa vitamina antagonizza l’effetto del farmaco, riducendo la sua capacità di mantenere fluido il sangue. Fra questi alimenti rientrano i vegetali a foglia verde (cavoli, spinaci, lattuga, broccoli, cavolini di Bruxelles), i ceci, il fegato di maiale e di manzo.

— L’interazione col cibo più nota è probabilmente quella che riguarda i farmaci antidepressivi chiamati MAO-inibitori anche se nel nostro paese è in commercio un solo rappresentante di questi farmaci, precisamente la tranilcipromina contenuta in associazione nella specialità Parmodalin. Chi assume questo farmaco deve evitare gli alimenti particolarmente ricchi di una sostanza chiamata tiramina: in presenza di questo antidepressivo infatti, la tiramina non viene inattivata e può rendersi responsabile di pericolosi aumenti di pressione. Fra gli alimenti da evitare rientrano i formaggi fermentati (infatti questa reazione viene anche definita ”reazione da formaggio”), compresi i piatti cucinati (N.B. quasi tutti i formaggi tranne poche eccezioni, come ad esempio la ricotta, sono fermentati), i vini rossi (tipo Chianti o Porto), alcuni tipi di birre, le aringhe marinate, gli insaccati, il fegato di pollo e manzo, gli estratti di lievito. Anche cioccolato, caffè e fave possono dare queste reazioni. Le restrizioni dietetiche devono proseguire anche per tre settimane dopo la sospensione del farmaco.

Alcol e farmaci

 
Bevendo vino a tavola, per molte persone l’alcol è un componente usuale della dieta anche se non può essere considerato un vero e proprio alimento. L’accoppiata alcool-farmaci è imprevedibile e pericolosa. Andrebbe perciò sempre evitata. Questo suggerimento diventa un vero e proprio divieto quando si assumono farmaci che agiscono sul Sistema Nervoso Centrale (es. tranquillanti, antidepressivi, antiistaminici) in quanto l’alcool ne potenzia gli effetti sedativi. Quando si stanno assumendo alcuni farmaci come ad esempio il metronidazolo, alcune cefalosporine farmaci antibatterici) e la griseofulvina, l’assunzione di alcol può determinare la comparsa di una particolare reazione che si manifesta con arrossamento del volto e del collo, vomito, mal di testa e palpitazioni. Questa reazione è detta Antabuse-simile perché prende il nome dal farmaco che viene impiegato nei programmi di disassuefazione dall’alcool.
 
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Con quale liquido assumere un farmaco?

In questi ultimi anni numerosi studi hanno confermato che una delle sostanze contenute nel pompelmo (la naringina, che gli conferisce il tipico gusto amaro), è in grado di modificare l’attività di certi farmaci, interferendo con le sostanze (enzimi) che il nostro organismo usa per metabolizzarli (renderli cioè inattivi). La loro concentrazione nel sangue così supera quella prevista e così pure il loro effetto. Questa interazione riguarda ad esempio alcuni farmaci usati per il cuore e la pressione alta (quelli chiamati calcio-antagonisti, come la nifedipina, la felodipina, l’amlodipina), l’antiistaminico terfenadina (che per di più ha anche pericolose interazioni con molti altri farmaci), il triazolam (un farmaco sedativo che appartiene alla classe delle benzodiazepine), la ciclosporina (utilizzata principalmente nei pazienti che hanno subito un trapianto). Sarà bene quindi non utilizzare mai il succo di pompelmo per assumere i farmaci.

Se si vuole mascherare il sapore sgradevole di un farmaco, il succo di arancia va bene, ricordandosi però che succhi di frutta e bevande acide in generale non vanno usati se si devono assumere alcune penicilline.

Per ridurre l’irritazione gastrica si può assumere il farmaco con il latte, da evitare però se il farmaco in questione è una tetraciclina.

Per evitare qualsiasi problema, l’acqua naturale è sempre la scelta più opportuna, meglio se a temperatura ambiente e in abbondante quantità, così da impedire che il farmaco aderisca alle pareti dell’esofago e da facilitarne nel contempo la dissoluzione e il successivo assorbimento.

In nessun caso vanno usate bevande alcoliche. Meglio evitare anche le bevande calde (thè, caffè).

Quando occorre prestare particolare attenzione

  • Se si assumono farmaci con ”basso indice terapeutico” ossia farmaci come gli anticoagulanti, gli antiepilettici (farmaci per l’epilessia), la digitale, il litio, per i quali la dose tossica è molto vicina alla dose terapeutica;
  • quando si modifica drasticamente la dieta, ad esempio quando si inizia una dieta ipocalorica o si decide di passare ad una dieta vegetariana, o si introducono particolari alimenti in grande quantità;
  • se si è anziani. Nei pazienti anziani infatti lo svuotamento dello stomaco può essere rallentato, l’alimentazione può essere scadente o non equilibrata. Anche una scarsa idratazione può avere conseguenze sul destino dei farmaci assunti;
  • quando vino e bevande alcoliche fanno normalmente parte della dieta; sono soprattutto i farmaci che agiscono sul Sistema Nervoso Centrale quelli con cui l’alcool non va proprio d’accordo.