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Vitamina D, cosa se ne dice?

da | Dic 23, 2020

vitaminaD 1

Girando sul Web, un attento navigatore può davvero trovare tutto… ma anche il contrario di tutto ed è a questo punto che bisogna aver senso critico altissimo, umiltà, dimestichezza e andare alla fonte. Nel nostro caso, la fonte è la letteratura scientifica e le banche dati internazionali e siamo andati a curiosare su un argomento che si sente da tanto, che sembra “troppo bello per essere vero”, che allo stesso tempo genera confusione.

MA LA VITAMINA D E’ UTILE CONTRO IL COVID-19?

Di articoli ce ne sono davvero moltissimi, noi vi riportiamo in sintesi le considerazioni di alcuni autori.

MARZO 2020:

Grant WB et al.

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32252338/

Review sul ruolo della Vitamina D nel ridurre il rischio di infezioni delle vie respiratorie. Non c’è ancora accordo sull’efficacia reale, tuttavia sono descritte le azioni della Vitamina D utili, quali:

  1. Induzione di defensine  che contrastano la replicazione virale
  2. Riduzione di citochine proinfiammatorie
  3. Aumento di citochine  antinfiammatorie
  4. Sostegno dell’immunità innata e specifica
  5. Potenziamento dei sistemi antiossidanti

MAGGIO 2020:

Ebadi M et al

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32398871/

Gli autori riflettono sui ruoli della Vitamina D nelle infezioni delle vie aereee come supporto al sistema immunitario e nell’equilibrio tra citochine pro- ed antinfiammatorie. Ricordano che la carenza di Vitamina D è condizione diffusa e associata a infezioni respiratorie virali. Ipotizzano un protocollo di trattamento con Vitamina D ad alte dosi nei pazienti Covid-19, basato su report di miglioramento clinico in soggetti affetti cui è stata sooministrata la Vitamina D.

Mitchell F.

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32445630/

l’autrice riflette sulla relazione tra diffusione dell’infezione da Covid-19, severità della malattia e livelli di Vitamina D, evidenziando come le popolazioni con tale carenza nutrizionale per motivi sociali, economici o climatici che siano, riportino i dati peggiori. Probabilmente i livelli di Vitamina D sono solo uno dei fattori che determina l’andamento dell’infezione, tuttavia raggiungere e mantenere livelli adeguati è sicuro ed economico, per cui potrebbe essere un intervento da attuare.

GIUGNO 2020:

Ali N.

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32605780/

In alcuni studi è evidenziato un legame tra carenza di Vitamina D e gravità dell’infezione da Covid-19, ma non da tutti confermato. Infatti, se sono noti i meccanismi con cui la Vitamina D supporta il sistema immunitario e le difese naturali dell’organismo, ed è già stato visto il ruolo nelle infezioni respiratorie in generale, specifici studi mirati ad accertare un effetto preventivo sull’infezione da Covid-19 non ci sono, i dati che abbiamo vengono da conclusioni a posteriori, seppur incoraggianti.

LUGLIO 2020:

Bergman P.

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32652766/

In questo editoriale, l’autore ripercorre le evidenze a favore del ruolo della Vitamina D nell’outcome dell’infezione da Covid-19. Conclude che anche se ancora mancano studi ed evidenze mirate, la somministrazione di Vitamina D ha un fondamento, è sicura e pertanto vale la pena di provare.

Galmes et al.

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32911778/

L’EFSA ha analizzato Vit A C D B6 B12 Folato, Zn Fe Cu Se perché importanti per il sistema immunitario. La review mette in risalto l’importanza di un corretto stato nutrizionale per queste sostanze per un sistema difensivo efficace e funzionale, ed evidenzia che un buon apporto soprattutto di Vit D, C, B12 e ferro è correlata a minor incidenza e mortalità da COVID-19.

Vit D: ha il recettore espresso su linfociti T e B, macrofagi, cellule dendritiche. Importante per immunità innata e specifica, per l’integrità delle barriere cellulari, riduce la tempesta citochinica (aumento citochine pro infiammatorie IL1, IL6, IL10, TNFalfa), aumenta l’espressione dei sistemi antiossidanti e delle citochine antinfiammatorie

Weir EK et al.

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32503801/

Gli autori propongono un ruolo benefico della vitamina D nel diminuire le manifestazioni dell’infezione da Covid-19, quali la polmonite, la trombosi, l’infiammazione e la tempesta citochinica. Suggeriscono pertanto una integrazione quotidiana, che è sicura ed accessibile. Avvisano comunque che dosaggi elevati, oltre quindi quelli comunemente consigliati e liberamente reperibili  dovrebbero essere assunti sotto controllo medico.

AGOSTO 2020:

Alexander J et al.

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pmc/articles/PMC7468884/pdf/nutrients-12-02358.pdf

Gli autori riassumono le conoscenze sul ruolo di Vitamina D, zinco e selenio nell’infezione da Covid-19 e concludono che l’intervento nutrizionale volto ad assicurare i livelli adeguati di tali nutrienti è consigliabile in aree a rischio e al sospetto di contagio, anche prima di ricorrere o che siano necessarie terapie mediche.

Baktash V et al.

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32855214/

Gli autori hanno misurato i livelli di Vitamina D in pazienti anziani affetti da Covid-19 per capire quali soggetti avessero la prognosi peggiore, misurata in termini di mortalità, quadro radiologico polmonare, livelli di citochine e necessità di ventilazione non invasiva. Complessivamente, i pazienti affetti da Covid-19 con bassi livelli di Vitamina D, avevano decorso peggiore, salvo che per la mortalità che non differiva tra i gruppi.

Teymoori-Raad M et al.

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32856339/

Gli autori riconoscono i vantaggi ed il ruolo positivo della Vitamina D nelle infezioni respiratorie virali ed in quella da Covid-19, tuttavia riconoscono che le conoscenze degli esatti meccanismi sono ancora all’inizio, anche per la poca conoscenza che si ha del virus emergente. Pertanto suggeriscono cautela. Infatti la vitamina D potrebbe aumentare i recettori ACE2 e quindi facilitare la colonizzazione virale e facilitare infezioni secondarie agendo come immunosoppressore. Inoltre i livelli di vitamina D sono modulati anche da fattori generali come lo stato nutrizionale, l’obesità, l’età e polimorfismi genetici che, senza studi clinici con criteri di inclusione/esclusione dei pazienti, potrebbero creare confondimento.

Xu Y et al.

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32847594/

Gli autori fanno il punto sulle conoscenze circa il ruolo della vitamina D in:

  1. Prevenzione dell’infezione da Covid-19
  2. Inibizione della tempesta citochinica
  3. Neuroprotezione (e prevenzione dei sintomi neurologici quali emicrania, perdita del gusto e dell’olfatto)

Propongono il monitoraggio dei livelli di Vitamina D nei pazienti Covid- 19 e laddove necessaria, l’integrazione.

NOVEMBRE 2020

Bilezikian JP et al.

https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32755992/

Un interessante e dettagliato riepilogo delle funzioni della Vitamina D nel sostenere l’immunità innata e quella specifica specialmente nel compartimento polmonare e cardiocircolatorio e nel regolare l’equilibrio delle citochine.

Inoltre l’autore riassume studi precedenti che suggeriscono come l’infezione da Covid-19 sia stata più presente laddove coesisteva una carenza di Vitamina D. Ancora non ci sono studi conclusivi, pertanto prudenza con facili conclusioni. Di certo, avere un livello di micro e macronutrienti adeguato e bilanciato permette all’organismo di avere una omeostasi migliore.

Che la vitamina D faccia la differenza ne è convinto il dott. Michael F. Holick, un esperto che ha dedicato la sua vita professionale alla Vitamina D.

Il dott Holick ha stimato che un livello ottimale di Vitamina D può ridurre il rischio di contagiarsi con il Covid-19 fino al 54%.

Nella loro analisi, Holick e i suoi colleghi hanno scoperto che il 12,5% delle persone con meno di 20 nanogrammi per millilitro di vitamina D nel sangue, definito “carente”, è risultato positivo al Covid, mentre l’8,1% di quelle con 30 a 34 nanogrammi per millilitro, o “adeguato”, aveva contratto il virus. Nel complesso, il 5,9% delle persone con livelli più alti – 55 nanogrammi per millilitro o più – di vitamina D nel sangue è risultato positivo.

Perché tanta risonanza intorno alla Vitamina D?

A dispetto di quello che si può pensare, la carenza di Vitamina D è una condizione diffusa anche nei paesi più benestanti. Alcune ricerche suggeriscono che fino al 40% delle persone ha una carenza di vitamina D, mentre fino al 60% ha livelli insufficienti di vitamine a livello globale. Una grave carenza si trova in più del 10% degli europei.

La luce solare è la fonte primaria di vitamina D ma molte persone non hanno esposizione sufficiente, vuoi per fattori climatici, che sociali ed economici. Anche la dieta può non essere sufficiente a fornire i livelli sufficienti. Infatti la vitamina D è scarsamente presente negli alimenti. L’unica eccezione è data dall’olio di fegato di merluzzo. Ecco quali sono gli alimenti che ne contengono più (gli indicatori sono intesi per 100 grammi di prodotto, ed espressi in microgrammi, il cui simbolo è µg):

  • olio di fegato di merluzzo: 250 μg
  • trota salmonata: 15,9 μg
  • salmone: fresco 10,9 μg, affumicato 17,1 μg, in scatola 15 μg
  • pesce spada: 13,9 μg
  • sgombro: 13,8 μg
  • uova: 5,4 μg
  • aringa: 4,2 μg
  • sardine: 4,8 μg
  • tonno: 1,7 μg
  • latte: 1,3 μg
  • fegato di bovino: 1,2 μg
  • Funghi: 0,2-0,4 μg
  • cioccolato: fondente (1,90-5,48 µg), bianco (0,19-1,91 µg) e spalmabile alla nocciola (0,15 µg).

La Endocrine Society raccomanda che venga assunta giornalmente questa quantità di vitamina D:

  • neonati e bambini: da 400 a 1.000 UI (Unità Internazionale, dove 100 UI = 2,5 μg)
  • adolescenti e adulti: da 1.500 a 2.000 UI (media di 0,15 μg)

In conclusione:

È difficile arrivare a conclusioni certe nell’uomo circa la relazione tra Vitamina D e Covid-19. L’ipotesi è attrattiva, le si riconosce un ruolo protettivo generale viste le sue indubbie azioni sull’organismo, e tuttavia servono studi più approfonditi per una definitiva dimostrazione e anche volti a capire se la Vitamina D può curare il Covid-19.